In queste due settimane di corso di Inglese mi sono accorto di come sul serio Londra sia una città multiculturale. Voglio dire in una classe di 17 studenti, siamo nell’ordine di: 4 italiani, 3 francesi, 2 russi, 1 turkmeno, 1 iraniana, 1 pakistana, 1 spagnolo, 2 turchi, 1 brasiliana e 1 thai. Beh non male!
La cosa buffa è che durante le conversazioni in libertà, sovente si parla un po’ nella lingua madre e un po’ in quella inglese… un divertente minestrone.
Multiculturale? Come? Dai guidatori dei mezzi di trasposto (spesso sono di origine africana) ai proprietari (indiani o cincalegi) di simpatici negozietti dove si spende veramente poco. Un grande “melting point”. I punti di forza del gusto italiano stanno sicuramente negli ingredienti, importati da piccoli produttori rigorosamente scelti nell'ampio panorama eno-gastronomico nazionale. Cucina francese impeccabile per Gordon Ramsey, particolarmente nel suo Menù Prestige, con foie gras, formaggi e champagne selezionati; meno pretenziosa e più legata alla tradizione, la tavola di Le Gavroche che vanta una rinomata cantina con più di 60mila bottiglie.
Citando e roassumendo un concetto antropologico sociologico si può affermare che, come direbbe M Augè, Londra può rappresentare l'esempio del non-luogo antropologico: vale a dire di quei luoghi e della loro inevitabile omologazione in termini figurativi, identici a Milano, come a Hong Kong. Ripetizione d'infinite strutture così simili tra loro che il destinatario troverà in qualsiasi città, il suo ristorante o il suo albergo con i medesimi standard di servizi a lui offerti.
Come la cucina, che sarà cinese, italiana, francese, tunisina, giapponese; ed è qui che l'antropologo e scrittore Marc Augè si chiede se in questa molteplicità a ripetizione non si stia distruggendo il concetto di luogo che si è configurato nelle società precedenti. Con i suoi ben distinti requisiti: d'identità, a contrassegnare l'unicità di chi ci abita; di relazione, nel senso che riconosce i rapporti reciproci tra soggetti in funzione di una comune appartenenza; di storia, perché rievoca all'individuo le proprie radici.
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